La cronaca recente ha messo in evidenza una problematica che è solo apparentemente secondaria: qual è la posizione della Chiesa dinanzi alla richiesta di un funerale ecclesiastico e della benedizione della salma di una persona manifestamente criminale e non pentita? È noto il caso delle onoranze funebri a Roma in pompa magna di un chiaro esponente della criminalità locale, così come i casi di noti mafiosi – come Riina e Provenzano – che non si sono mai pentiti e hanno anzi rivendicato i crimini commessi in vita. La Chiesa – che ha anche lanciato la scomunica ai mafiosi – può rifiutare la benedizione della salma a prescindere dal rito pubblico o privato? Tecnicamente sì. Il diritto canonico lo prevede.
Cosa prevede il diritto canonico in caso di criminali manifesti
Così come il giudice civile esprime il giudizio in base alla legge, ma anche e soprattutto alla sua interpretazione – per cui vi possono essere sentenze discutibili, ma da accettare per quelle che sono – anche il giudice canonico si attiene alla legge ecclesiale e alla luce del Vangelo emette un giudizio che può essere discutibile, ma insindacabile.
Il diritto canonico (can. 1176) prevede la negazione di un funerale se prima della morte il soggetto non si è pentito ed è manifestamente un apostata, un eretico o uno scismatico, oppure ha scelto la cremazione per principi contrari alla fede cattolica e cristiana o, infine, è un peccatore manifesto. Per peccatore manifesto si intende tanto il mafioso quanto il divorziato, chi ha abortito o favorito l’aborto, i ladri, gli omicidi, gli scomunicati e molte altre categorie. È evidente che i casi sono diversi e non si può paragonare una persona divorziata ma dalla condotta integerrima ad un comune delinquente o addirittura un mafioso, per cui lo stesso diritto canonico prevede la necessità da parte del sacerdote a cui si richiedono le esequie ecclesiastiche di confrontarsi con un superiore ordinario della propria diocesi e di sottostare al suo insindacabile giudizio. I casi si valutano di volta in volta. Il diritto prevede anche che la Chiesa si possa rifiutare di procedere al funerale nei casi suddetti anche se si tratta di un funerale privato e dinanzi a pochi intimi, vale a dire non crea pubblico scandalo. Inoltre, il rifiuto del funerale è previsto per quei “defunti” che non si sono pentiti, per cui la famiglia non può chiederne le esequie ecclesiastiche per suo conto anche se si è dissociata dal comportamento e dai crimini commessi dal congiunto in vita. Allo stesso modo, per i peccatori manifesti non è concessa la sepoltura in cimitero, in quanto si tratta di luogo benedetto e consacrato volto all’accoglienza di coloro che si sono pentiti o sono deceduti in grazia di Dio.
Il giudizio del sacerdote
Vangelo alla mano, la fede cristiana cattolica si basa sul perdono e la redenzione e se la legge ecclesiastica dovesse essere applicata alla lettera, probabilmente non ci sarebbero più funerali e agenzie funebri come la Cattolica San Lorenzo avrebbero ben poco lavoro da svolgere. Tuttavia, il perdono si può concedere solo a chi lo chiede, inoltre la confessione ha valore se è seguita dal pentimento sincero; se un criminale non ha mai manifestato simili intenzioni suscita rabbia e risentimento per i crimini commessi e per il suo mancato pentimento e pertanto la scelta di un sacerdote di rifiutare il funerale può essere condivisibile a maggior ragione se supportata dal diritto canonico, mentre dall’altra parte deve portare conforto ai familiari e consolazione. La casistica è ampia e l’argomento si presta a molteplici interpretazioni e sfumature di diritto, per cui la legge civile o ecclesiastica è comunque una legge “umana” e interpretare il volere divino o anticipare il suo giudizio rientra nel grande ambito dei misteri della fede, per cui solo Dio conosce il cuore degli uomini, al di là del credo e delle condotte umane.